
Parliamoci chiaro: nessuno ama le interrogazioni. Anche quando hai studiato e ti senti (più o meno) pronto, appena il prof dice “oggi interrogo”, scatta quella sensazione fastidiosa che parte dallo stomaco e sale su come un’onda di panico. Le mani iniziano a sudare, la mente si svuota, il cuore accelera. E tu, lì, seduto al tuo banco, preghi che scelga chiunque altro tranne te. Classico.
Ma l’ansia, per quanto fastidiosa, non è una condanna. È una reazione normale, che però si può imparare a gestire con qualche trucchetto mentale, un po’ di respirazione mirata e una preparazione fatta con intelligenza, più che con il panico. Il segreto è capire che non serve arrivare all’interrogazione perfetti, robotici, senza emozioni: serve arrivarci lucidi, presenti, e con abbastanza sicurezza per dire: “Ce la posso fare”.
Partiamo dalla testa. I pensieri che ci mettono in crisi sono spesso più pericolosi della verifica stessa. Il classico “farò scena muta”, “mi dimentico tutto”, “prenderò 3” è quello che manda il cervello in tilt ancora prima di iniziare. In questi casi, il primo passo è riportare la mente nel presente. Fermarsi un attimo, respirare, e riformulare quei pensieri negativi in qualcosa di più realistico: magari non sai tutto, ma sai qualcosa. E soprattutto, anche se va male, non ti rovina la vita. È un’interrogazione, non un giudizio universale.
In quel momento, ti aiuta moltissimo anche la respirazione. Quando sei in ansia, il respiro si fa corto, superficiale, e manda al cervello il messaggio che c’è un’emergenza in corso. Il corpo entra in modalità allarme, e lì iniziano tutti i sintomi fisici che conosciamo. Invece, se ti fermi e fai un paio di respiri profondi e regolari, puoi abbassare la tensione in modo semplice. Bastano pochi minuti, anche fuori dalla classe o prima che inizi la lezione, per sentirti molto più stabile.
La preparazione, ovviamente, fa la sua parte. Ma attenzione: non basta studiare tanto, bisogna studiare bene. A volte passiamo ore a leggere e sottolineare, ma senza mai provare a ripetere ad alta voce, senza farci delle domande, senza testare davvero se abbiamo capito. Un metodo utile è spiegare la lezione come se dovessimo raccontarla a un amico: se riesci a farlo senza leggere, sei pronto. E non sottovalutare il potere delle mappe mentali, degli schemi, delle parole chiave da collegare tra loro: il cervello lavora per associazioni, non per liste infinite.
Poi arriva il giorno dell’interrogazione. Il cuore batte più forte, lo stomaco si chiude, il prof apre il registro e guardi il tuo nome sperando che salti la riga. Ma se vieni chiamato, ricorda di partire con calma. Non buttarti subito a parlare in fretta per la paura di dimenticare. Respira, guarda il prof negli occhi (anche se ti sembra di morire dentro), e inizia con una frase semplice che ti aiuti ad aprire il discorso. Spesso è proprio nei primi dieci secondi che si gioca tutto: se riesci a partire, poi le cose iniziano a scorrere.
E se arriva il vuoto di memoria? Succede. A tutti. Anche ai migliori. Il punto è non bloccarsi, ma provare a dire quello che si sa, anche se sembra poco. A volte, basta una frase per agganciarsi a qualcosa. E anche dire “non mi ricordo questo passaggio, ma posso spiegare quest’altro” mostra che hai studiato e non sei lì a caso. È molto meglio di stare zitti o dire “non so”, che è l’unica cosa che può davvero fregarti.
Infine, un consiglio bonus: evita il caos dell’ultimo secondo. Se ripassi 30 secondi prima di entrare in classe con altri dieci compagni agitati, ti carichi di stress inutile. Meglio prenderti un attimo di silenzio, respirare, bere un sorso d’acqua, ripetere mentalmente le cose che sai e ricordarti che non sei solo: l’interrogazione è una parte normale della scuola e la superano tutti. Anche tu.Alla fine dei conti, non esiste un modo per cancellare del tutto l’ansia. Ma puoi imparare a conviverci, ad ascoltarla senza farla guidare, a trasformarla in energia e concentrazione. E magari, col tempo, ti sorprenderai anche a pensare: “Beh, non è andata poi così male.”
Lascia un commento