“E se avessi l’ADHD?”

Cos’è davvero, come si capisce, dove si fa il test, e perché non è solo una scusa per non studiare.

Quante volte ti è capitato di sentirti distratto a livelli assurdi, saltare da un pensiero all’altro, oppure di non riuscire a stare fermo nemmeno cinque minuti?
Magari ti sei chiesto: “Ma sono solo stanco… o c’è qualcosa di più?”.
Ecco, parliamo di ADHD. Non il solito “eh, oggi tutti dicono di averlo”, ma cos’è davvero, come si riconosce, e cosa comporta se ce l’hai?


Quanti ragazzi hanno l’ADHD in Italia?

Secondo i dati ufficiali, circa il 3-6% dei bambini e adolescenti in Italia ha l’ADHD. Se fai due conti, vuol dire centinaia di migliaia di ragazzi. Ma il vero problema è che solo una parte di loro riceve una diagnosi vera. E ancora meno iniziano un percorso serio con neuropsichiatri, psicologi o terapisti.
In alcune regioni, solo il 15% dei casi segnalati riceve anche un trattamento.
Tradotto? Tanti ragazzi vivono con l’ADHD senza saperlo, pensando semplicemente di essere “pigri”, “sbadati” o “troppo vivaci”.


Ma quindi… cos’è davvero l’ADHD?

Il nome completo è Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, ma non lasciarti spaventare.
Non vuol dire essere “matti” o “problematici”, e soprattutto non è una scusa per evitare le interrogazioni.
L’ADHD è un disturbo neurobiologico che riguarda il modo in cui funziona il cervello: attenzione, concentrazione, controllo degli impulsi, gestione del tempo… tutte quelle cose che spesso ti mandano nel panico quando hai mille cose da fare e il cervello ti gioca contro.

Esistono tre tipi principali:

  • Tipo disattento: sei spesso “sulle nuvole”, dimentichi tutto, ti perdi nei tuoi pensieri.
  • Tipo iperattivo/impulsivo: non riesci a stare fermo, parli tanto, agisci prima di pensare.
  • Tipo combinato: un mix di entrambi.

Come capire se potresti averlo?

Ovviamente non puoi autodiagnosticarti guardando TikTok. Però se ti riconosci in cose tipo:

  • Ti distrai facilmente, anche con una mosca che passa
  • Hai difficoltà a finire le cose
  • Ti dimentichi appuntamenti, materiali, scadenze
  • Ti senti agitato, impaziente, sempre in movimento
  • Fatichi a stare fermo o in silenzio durante le lezioni
  • Parli o agisci senza pensarci, e poi te ne penti subito dopo

…allora forse un dubbio ce lo puoi avere. E no, non sei solo “strano”. Potrebbe esserci un motivo reale.


Dove si fa il test se sei minorenne?

In Italia la diagnosi si fa solo in centri specializzati di neuropsichiatria infantile.
Per iniziare, di solito serve che genitori o insegnanti si accorgano del problema e ne parlino con il pediatra.
Successivamente si passa a test cognitivi, questionari, osservazioni e colloqui fatti da esperti. Niente quiz su internet o video “Hai l’ADHD se…”.

Ogni regione ha i suoi Centri di Riferimento per l’ADHD, e puoi cercarli online o chiedere al tuo medico di base. Il percorso è gratuito, perché fa parte del Servizio Sanitario Nazionale.


Miti da sfatare (seriamente)

“L’ADHD è solo una moda.”
Falso. È un disturbo riconosciuto a livello mondiale, e se non diagnosticato può causare ansia, insuccesso scolastico e difficoltà sociali.

“Chi ha l’ADHD è solo iperattivo e fastidioso.”
No. Molti ragazzi con ADHD sono tranquilli, ma fanno una fatica bestiale a concentrarsi o organizzarsi.

“Crescendo passa.”
Magari. In realtà può cambiare forma, ma nella maggior parte dei casi resta anche da adulti.


L’impatto sulla scuola e sulla vita

L’ADHD non è solo una questione scolastica, anche se lì si fa sentire forte.
Spesso chi ne soffre:

  • Va male a scuola non perché non capisce, ma perché non riesce a organizzarsi
  • Si sente sbagliato, inadeguato, diverso
  • Litiga spesso con i prof e compagni perché sembra non rispettare le regole
  • Vive con un senso di frustrazione costante: vorrebbe riuscire, ma non ci riesce come gli altri

E il peggio è che nessuno se ne accorge, o peggio: ti danno dell’irresponsabile, svogliato, casinista.


Ma si può vivere bene con l’ADHD?

Assolutamente sì. Ma serve:

  • Una diagnosi fatta bene
  • Strategie su misura (agenda, timer, spazi di studio organizzati, pause)
  • Un supporto psicologico, a volte una terapia comportamentale
  • E in alcuni casi, se serve, anche un aiuto farmacologico prescritto da un medico specialista

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